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SPV, Sulla Pelle Viva | La gioia di essere poeti

Come autore non sono incline a esternare giudizi sul mio lavoro. Se mi scappa occasionalmente qualche moto di soddisfazione è a causa della mia indisciplina in tal senso. Tratto che cerco sempre di emendare.

 

Pure questa volta vorrei condividere quanto segue.

 

Non credo che vi sia soddisfazione concreta, più grande, per un poeta, che vedere altri uomini, mai personalmente incontrati, credere così tanto ai suoi versi da farne carne della loro carne, da inciderli per sempre sul loro corpo.

 

Indelebilmente. A vita.

 

Questa la poesia, scritta per queste persone di cui, via social, era giunta notizia della morte del loro amato gatto in un "giro" di ailurofili e sportivi:

 

 

 

 Poesia per Dedone (il gatto)

 

È passata Bastet

con le ultime calde sabbie

della mia clessidra

senza rumore

come in vita sappiamo accompagnarvi

vi lasciamo.

Non resterà nel cuore porta chiusa

al mio ricordo, alle mie fusa.

 

Perché è ugualmente vero che il giudizio sulle rime va dato dal prossimo, dall'ignoto uomo della strada. Da chi non è condizionato da alcun legame personale o affettivo.

 

 

Oggi ho avuto questa inestimabile gioia di cui non sono che necessariamente indegno debitore e umilissimo riconoscente. Questo mi dà una più grande e grave responsabilità, di cui sono felice, ma anche felicemente "preoccupato". Essere sulla pelle di qualcuno è una responsabilità!

 

Questa è la gioia di essere poeti.

Spero di rendermene degno.