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Neanche il mio nome

Sbaglierò, ma non credo esista un museo di destra finanziato con soldi pubblici, con una sola eccezione. Anche oggi torno a parlarvi della forza di un'immagine per descrivere la politica.

 

In questo caso la politica culturale.

 

Che in Italia è al 99,9% di sinistra, vale a dire, mondialista, pauperista, pro-immigratoria, pro LGBT e variazioni sessuali di ogni sorta, antifascista, antirazzista eccetera eccetera eccetera.

 

Va da sé che quasi sempre questa cultura, tolte le derivazioni direttamente controllate da opere pie e preti rossi, è anche anticattolica, anticristiana e certamente radicalmente irriverente.

 

Non ne faccio un discorso di morale o di rispetto della religione/religiosità. Della morale rappresentata da contenuti etici, ossia "bene e male" non me ne frega nulla. Sulle religioni posso solo dire che le rispetta chi ci crede.

 

Ne faccio un discorso di coerenza, di coesione, di onore. 

 

Per decenni la cultura di sinistra ci ha sbandierato sotto il naso un anticlericalismo tradizionale. Fino agli anni '70. L'inizio del terremoto lo registrò quel sensibile sismografo culturale che era l'intellettuale chiamato Pier Paolo Pasolini. Un'eccezione nel panorama sinistro di allora, non solo perché  omosessuale, ma soprattutto perché a suo modo e con accento del tutto personale era un uomo di cultura legato generosamente alla tradizione contadina. Rinvio alle sue opere di commento e alla sua poesia; l'antifascismo era l'unico legame che ancora lo accomunava alla sinistra del suo tempo.

 

Fu Pasolini a scandalizzare tutti prendendosela con questo elemento qua e la sua campagna fotografica dei Jeans JESUS. Il consumismo sotto forma di culo femminile aveva per la prima volta attaccato non già il clero come apparato di potere, non le forme visibili e popolari della devozione, ma il (sacro) Cuore della fede cristiana e cattolica: Gesù in persona. Non direttamente, ancora, ma parodiandone perlomeno le parole. E nominandolo assai a proposito (economicamente parlando). Pasolini fu uno dei pochi comunisti a schifarsi per questo. Con ottime ragioni, perché trovava in questa deriva il movimento demolitore del capitalismo consumista globalizzante.

 

Aperta la falla, di provocazione in provocazione, poiché la legge del mercato esige andamenti esponenziali, era ovvio che l'arte e la comunicazione sponsorizzate dalla sinistra virassero verso la blasfemia aperta e smaccata. 

 

Il problema è che la storia recente degli anni '90 e del primo e secondo decennio del Duemila, hanno visto da noi un sovrapporsi delle istanze cattoliche e della sinistra, vuoi perché erano già belli e putrefatti (almeno a livello di discorso pubblico) sia il tradizionale sovietismo anticlericale sia il clericalismo democristiano, ben rappresentati dal tenero, eppur già muffito mondo guareschiano - lo dico senza offesa per Guareschi; ma anche perché quello stesso meccanismo capitalista ha fatto ripiegare una sinistra ripulita e accettabile sugli interessi della Chiesa nel mondo del "terzo settore" (ong, onlus, volontariato e quant'altro), e perché parallelamente si ritirava la presenza pubblica e statale come sussidiaria alla miseria crescente, quindi si liberava un'opportunità di profitto del tutto terrena e contingente. Con buona pace di Cristo e del Regno dei Cieli.

 

Il famoso cattocomunismo aveva quindi iniziato a propalarci fa favola del "Gesù buono"/"Chiesa cattiva" o perlomeno certa Chiesa - almeno fino all'avvento di Karol Woytiwa (figura di transizione a metà tra vecchia contestazione anticlericale e entusiasmo post modernista) e adesso con l'allineato Papafresco© aderente senza alcuna soluzione di continuità al progressismo pro mondializzazione. Insomma i vari Padre Zanotelli, Ciotti, la teologia della Liberazione, e altri allegri corifei. Il sugo era che l'inoffensivo comunista o postcomunista, il socialista senza più socialismo, l'alternativo fricchetone erano diventati ormai amici di Gesù. Un gesù femminista, pauperista, radicalmente reietto e emarginato, depurato da ogni furore sacro, ma pronto a essere amico di tutti - dai bambini ai trafficanti di uomini, dal carcerato per spaccio e consumo al malato di mente abbandonato a sé. Un Gesù senza clero, un Gesù buono e spendibile per ciascuno.

 

La fiaba sembrò reggere. Fino a ora. Perché in base alla legge inesorabile della provocazione, gli artisti di sinistra sono arrivati allegramente e da tempo a queste rappresentazioni del Cristo. Rappresentazioni che fanno a pugni non più con il clero, non più con la Chiesa come apparato di potere e di controllo sociale, ma che prendono a mazzate persino la persona di Gesù, mutandola da amico dei bambini a schifoso pedofilo.

 

Questo non mi scandalizza affatto in quanto blasfemia.

Io non sono più cristiano da decenni e del Cristianesimo, dei valori umanitari cristiani, come di Cristo, me ne strafrego.

 

Questo mi scandalizza in quanto tradimentoMa non mi sorprende.

Non mi sorprende perché l'essenza della sinistra è la sua natura opposta, geneticamente antagonista a ogni principio di fedeltà e lealtà e rigore. È la natura da scorpione della sinistra che cavalca i suoi referenti sempre provvisori e sempre utilitari, le rane su cui di volta in volta si fa trasportare, per poi trafiggerle e farle annegare. È la sua vera essenza, fatta di viscido e vile tradimento dei valori che si sono giurati, ma solo a parole. Questa immagine, questo poster che è esposto fuori del Museo MACRO di Roma, il Museo d'Arte Contemporanea Roma, stando a questo articolo de Il Tempo, lo spiega con evidenza cristallina.  Qui e ora Gesù potrebbe dire a costoro:

 

 

«Ero diventato vostro fratello. Ma voi non avete risparmiato neanche il mio nome»

 

Potrebbe dirlo, il Cristo di oggi.

Se ci fosse rimasto un vero artista a parlarne, un Pasolini a filmarlo.